Castellaneta, comune italiano della provincia di Taranto, posizionato al centro delle gravine, ha una storia davvero affascinante. Le origini vanno fatte risalire all’età del bronzo (periodo tra 2000-1000 a.C.) con le prime tracce di insediamento rappresentati da vasi e vari manufatti. La leggenda vuole che Castellaneta sia stata fondata da Diomede, arrivato qui insieme ad un gruppo di Etoli, a seguito della distruzione di Troia. Nel corso degli anni, la città fu chiamata “Castanea”, poi “Castellanetum” durante l’Alto Medioevo. “Castanea” quindi fu una delle città devastate dai Saraceni nell’842.

In seguito, gli abitanti decisero di creare una città fortificata, per difendersi al meglio dagli attacchi nemici. Il nome “Castellanetum” deriverebbe quindi da “Castellum Unitum”. Nel 1081, la città fu conquistata dal normanno Roberto il Guiscardo e 7 anni dopo fu sede di vescovado. Con Carlo d’Angiò, gran parte di quella che è oggi l’Italia del Sud diventò un insieme di feudi. Castellaneta non fece eccezione e nel 1269 passò nelle mani del barone Oddone di Soliac che governò in maniera empia e violenta, tanto è vero che fu privato del feudo e bandito dal regno da Carlo II, figlio di Carlo d’Angiò. Fino al 1419, perciò, Castellaneta fece parte del Principato di Taranto. Poi, Giovanna II d’Angiò, figlia di Carlo d’Angiò, la nominò Città Regia fino al 1434.

 

Dopodiché ritorno al Principato di Taranto. Giovanni Antonio del Balzo Orsini fu l’ultimo principe della città che in questa fase attraversò numerosi conflitti fra Spagnoli e Francesi. Nel 1463, divenne feudo del principe di Altamura, Francesco del Balzo; due anni dopo, Castellaneta passò alla Corona Aragonese. Il 1503 fu uno degli anni più indimenticabili per la storia della città. L’anno del “Sacco” di Castellaneta: Luigi d’Armignac, duca di Nemours, assediò con le truppe francesi la città. Castellaneta non aveva artiglieria e provò a trattare offrendo ai francesi migliaia di libre d’oro.

Il duca di Nemours ne pretendeva tre volte tanto, minacciando di mettere Castellaneta e ferro e fuoco. La città, però, grazie all’aiuto dei soldati spagnoli, riuscì a resistere in maniera stoica, aiutata anche dall’aggressione che gli spagnoli fecero ai francesi nella città di Ruvo. Castellaneta si guadagnò perciò l’appellativo de la “Fedelissima Civitas” da parte di Ferdinando il Cattolico, Re di Spagna. Gli abitanti si aspettavano quindi di non vedere mai più la città diventare feudo del tiranno prepotente di turno, ma le cose non andarono così, tanto è vero che nel 1519 Castellaneta passo nelle mani di Guglielmo De La Croy.

Il feudatario fiammingo non venne visto di buon occhio dalle famiglie castellanete più ricche che decisero di fuggire, rifugiandosi con le loro mandrie nelle città vicine. Purtroppo, Castellaneta andò in crisi, al punto che, dopo un anno, Guglielmo De La Croy cedette il feudo al marchese napoletano Nicola Maria Caracciolo che, a sua volta, fu obbligato a venderla per difficoltà economiche a Nicola Bartinotti Piccolomini. Questo fu il periodo storico meno propizio per la città che fu gestita dai mercanti liguri. Si successero poi Giancristoforo De Franco (1624-1633), Gianandrea Gentile (1633-1649), i baroni La Monica (1650-1665) e i De Mari (fino al 1700). Nello specifico, Carlo de Mari l’acquisto per 70.000 ducati, diventando Principe.

Il 1806 fu l’anno dell’Alienazione del Feudalesimo decretato da Gioacchino Murat, re di Napoli, dopo il decreto Napoleonico. Nel 1858, Garibaldi, camuffato da venditore di candele incontrò alcuni castellaneti nel fondo rustico “La Torretta” e due anni dopo gli abitanti votarono per l’annessione al Regno d’Italia. Gli anni a venire furono quelli del brigantaggio. Uno dei briganti più noti fu Antonio Locaso, ‘u Craparidd, che venne giustiziato dalle milizie del regno d’Italia.

Durante la Grande Guerra, Castellaneta diede un importante contributo di uomini, tanto è vero che oggi nei paraggi del cimitero c’è un monumento accerchiato da tanti alberi, uno per ogni eroe caduto in battaglia. Nella Seconda Guerra Mondiale, dopo la ritirata dei tedeschi, la città fu bombardata e persero la vita 27 tra cittadini, carabinieri e bambini, a causa dello scoppio di due granate. Il comune ebbe la medaglia di bronzo al valore civile.